Il 12 e il 13 giugno si voterà per i quattro quesiti del referendum abrogativo. Si parla di nucleare (o meglio, si parlava), della privatizzazione dei servizi di erogazione dell'acqua e del legittimo impedimento.
Quando si vota
Si vota domenica 12 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 13 giugno dalle 7 alle 15.
Il quorum
Secondo le norme vigenti, i referendum abrogativi necessitano di raggiungere il quorum; il che significa che per essere valida la consultazione si devono recare ai seggi (almeno) la metà più uno degli aventi diritto al voto. Nel caso non venisse raggiunto il quorum non vi saranno cambiamenti, e gli effetti saranno gli stessi di una vittoria del no.
Come si vota
Si vota tracciando un segno sul "Sì" se si vuole abrogare la legge oggetto del quesito, sul "No", se la si vuole mantenere
Gli italiani all'estero
Gli italiani all'estero hanno già votato tramite corrispondenza. Tuttavia, dopo la modifica di due leggi oggetto del referendum, la Corte Costituzionale ha riformulato i quesiti. Attualmente non vi sono precedenti su cui basarsi, ma molto costituzionalisti sono concordi nel ritenere che essi rivoteranno.
Se i voti degli italiani all'estero si renderessero determinanti per la definizione del risultato elettorale, le operazioni di spoglio potrebbero essere più lunghe.
Primo quesito, servizi pubblici di rilevante importanza ai privati. Scheda rossa
Ecco il quesito:
Il decreto Ronchi, oggetto di questo quesito, prevede che i Comuni possano affidare anche ad aziende private, tramite gara pubblica, la gestione dei servizi idrici. In alternativa è anche possibile creare dei "Parternariati Pubblici Privati", ovvero aziende pubbliche che abbiano almeno il 40% del capitale privato.Volete voi che sia abrogato l'art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?
In ogni caso, sia l'acqua che gli acquedotti rimangono beni demaniali, e non sono oggetto di questa consultazione refendaria.
Se vince il sì, i Comuni (o meglio, gli ATO -Ambiti Territoriali Ottimali, una associazione di Comuni-) non dovrebbero indire gare entro il 31 dicembre, come disposto dal decreto Ronchi né saranno obbligati a cedere quote azionarie delle società che gestiscono il servizio idrico ai privati entro il 2013. Gli ATO potranno, in caso di vittoria dei sì, cedere comunque ai privati parte delle aziende pubbliche di cui sopra, come disposto dalle leggi europee, ma senza gli obblighi dettati dal decreto Ronchi.
Se vince il no, gli ATO dovranno trasformarsi in società miste con almeno il 40% del capitale privato entro il 31 dicembre. Per le società quotate in Borsa cambiano solo i tempi, ma non la sostanza.
I partiti di sinistra (PD, SEL, IDV, FDS, Verdi, Radicali e tutti gli altri) stanno portando una campagna in favore del sì (e del superamento del quorum). Tuttavia, come spiega Pierluigi Battista sul Corriere della Sera del 6 giugno 2011 nella sua rubrica, in passato Pierluigi Bersani, attuale capo della coalizione di centrosinistra, aveva pubblicamente elogiato la privatizzazione dei servizi idrici come modo per evitare sperperi di denaro pubblico e di perdite di acqua negli acquedotti, in quanto "si lascia fare questo lavoro a chi lo fa di mestiere".
FLI e UDC sostengono il no, il PdL ha annunciato che lascerà libertà di voto -su tutti e quattro i quesiti-.
Secondo quesito, tariffe dei servizi idrici. Scheda gialla
Questo il quesito:
Per legge, la tariffa del servizio idrico non comprende il valore dell'acqua, bensì i costi del servizio, decisi dagli ATO.Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell'art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito»?
Con questa norma, oggetto del quesito, si stabilisce che alla tariffa sul servizio idrico è possibile aggiungere una remunerazione (fino al 7%) sul capitale investito dalle società idriche, inteso sia come investimenti che come oneri finanziari. La riscossione di questa remunerazione tuttavia non comporta alcun obbligo per le società idriche di reinvestimento del denaro.
Se vincono i sì sarebbe impossibile per le aziende idriche realizzare profitti dalle tariffe, obbligando gli ATO a riacquistare le loro quote azionarie. Ciò significa il fallimento progressivo delle stesse società, rendendo così possibili interventi sulla rete idrica solo con interventi statali a fondo perduto.
Se vincono i no tutto rimarrà come ora e le aziende idriche potranno realizzare una remunerazione fino al 7% del capitali investito.
Sia i sostenitori del sì, che quelli del no sono concordi che in caso di vittoria dei sì sarebbero bloccati tutti gli investimenti sulla rete idrica, in quanto non sarebbe possibile realizzare profitti. Per i sostenitori del sì ciò è auspicabile in quanto si sottrae l'acqua dal mercato, impedendo di fare profitti su un bene così prezioso, i sostenitori del no invece temono che una vittoria del sì causi l'indebitamento dei Comuni.
I partiti della sinistra -gli stessi di prima- sostengono il sì, FLI e UDC sostengono il no, e il PdL ha lasciato libertà di voto.
Terzo quesito, energia nucleare. Scheda grigia
Prima di cominciare il quesito, come riformulato dalla Corte di Cassazione:
Ebbene, in realtà non si vota per l'energia nucleare. Dopo l'approvazione del decreto omnibus, e la conseguente modifica delle norme oggetto dei quesiti referendati, è stato riformulato anche il testo del quesito. Essendo quindi già state abrogate le norme sulla produzione dell'energia nucleare, tramite la scheda grigia si vota sull'abolizione o meno della legge che obliga il Governo a stilare un piano energetico - la Strategia Energetica Nazionale -, il quale dovrà prevedere tutte le fonti energetiche di cui potrà disporre il Paese e la loro priorità rispetto alle altre, la loro collocazione geografica, la sostenibilità ambientale delle fonti energetiche, lo sviluppo e la ricerca in campo energetico e tante altre cose carine e importanti descritte nell'articolo 8 della legge 75/2011.Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell'articolo 5 del decreto-legge 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?
Detto ciò, votando quindi per l'esistenza stessa della "Strategia Energetica Nazionale", ma non sui suoi contenuti, appare evidente che questo voto avrà valore puramente simbolico, in quanto qualsiasi governo potrebbe, dopo il referendum, avviare legittimamente il programma nucleare.
Se vincono i sì la legge verrà abrogata e il governo non potrà elaborare la sua Strategia Energetica Nazionale. Ciò avrebbe anche una forte valenza politica sull'eventuale sfruttamento futuro delle centrali nucleari, ma formalmente -e giuridicamente- questo voto non ha valenza sulla costruzione delle centrali.
Se vincono i no il Governo dovrà varare la sua Strategia Energetica Nazionale entro la fine del 2011.
Quarto quesito, legittimo impedimento. Scheda verde
Volete voi che siano abrogati l'art. 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, e l'art. 2 della legge 7 aprile 2010, n. 51, recante «Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza», quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 13-25 gennaio 2011 della Corte costituzionale?Questo quesito, per il legittimo impedimento, è il più semplice da spiegare. E' stato riformulato dalla Corte di Cassazione, in quanto la Corte Costituzionale ha modificato la legge sul legittimo impedimento ritenendone incostituzionali alcuni suoi passaggi.
Attualmente la legge sul legittimo impedimento prevede che i ministri o il Presidente del Consiglio dei Ministri, i quali abbiano espresso la volontà di presenziare ad un processo penale a loro carico, possono presentare davanti al giudice una richiesta di legittimo impedimento che, se accolta dal giudice, provoca uno slittamento della data dell'udienza.
Prima dell'intervento della Corte Costituzionale i soggetti tutelati hanno potuto apporre un legittimo impedimento senza che questo venisse passato al vaglio di un giudice.
Evitando inutili formalismi, se vincono i sì, la legge verrà abrogata, nel caso contrario rimarrà in vigore il testo attuale, così come modificato dalla Corte Costituzionale.
Praticamente tutti i partiti, eccetto il Pdl, si sono schierati a favore del sì.
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