lunedì 6 settembre 2010

Mirabello, un disastro politico

La kermesse di Mirabello, conclusasi qualche ora fa con l’intervento di Fini è stata un disastro, a partire dal principio. Abbiamo assistito a una festa politica all’insegna del disfattismo, a partire dalla sua organizzazione. Il Pdl ferrarese, tramite Mirabello, ha cominciato ad autodistruggersi fin dalle primizie di quest’afosa estate appena trascorsa.

Sono cominciati, subito dopo i primi problemi tra “finiani” e “berlusconiani”, I dissidi tra i due organizzatori storici: Alberto Balboni (senatore berlusconiano) e Vittorio Lodi (finiano della prima ora, anzi, meglio, dell’ora prima). Quest’estate si scannarono su chi ce l’avesse più lungo, ma in versione politica: il primo accusava il secondo di essere di parte, il secondo si difendeva a colpi di “la festa è mia e la gestisco io”.

La questione arrivò fino a Roma, da La Russa, il quale diede una punizione ad entrambi, per par condicio. Di fatto la spuntò il finiano, e, in effetti, la festa, da tricolore quale era è diventata la festa di FlI. Gli invitati sono stati, per forza di cose, I nuovi adepti parlamentari di Fini: Bocchino, Della Morte, Granata e altri neo giustizialisti di ferro.

Si arriva quindi, tra un Filippo Rossi, un Raisi e un Rochi al 5 settembre. Tutti zitti, parla Fini. L’ospite illustre arriva verso le 18, ma non parlerà prima di un quarto d’ora (parlerà troppo dopo, abbiamo assistito ad un’ora e tre quarti di discordo). Prima di lui, Tatarella e Raisi si coprono di ridicolo scandendo dal microfono cori da stadio (“Fi-ni, Fi-ni!”, Raisi) o si pronunciano discorsi da patriota che danno l’impressione che in Italia ci sia una sola persona abbastanza pulita da poter parlare di legalità (Tatarella). Ai berlusconiani, agli ex finiani scettici e ai semplici simpatizzanti gela il sangue: dopo vent’anni sembra di stare scomodi alla propria festa.

Fini comincia a parlare (non finirà per un bel po’) e, tra bandiere arcigay, frecciatine anti-Berlusconi che fanno impallidire persino Di Pietro e commenti di alcuni troppo inebriati da Fini (“Berlusconi è un porco!”, “Quella merda di Feltri”; alcuni zittiscono un giornalista di Mediaset in diretta con un poco cordiale “Stia zitto! Dobbiamo sentire Fini, mica lei!”), agli stessi di cui sopra il sangue raggela di nuovo nelle vene.

La fine del discorso più disfattista degli ultimi tempi è vista qusi come una liberazione (un’ora e tre quarti di discorso sono troppe, non importa se Fini aveva avvisato prima), e mentre ci si incammina verso l’uscita si notano, oltre alle copia a iosa del Secolo, anche tanti musi lunghi e tante facce tirate.

Chi si avvia verso la macchina non da solo, inizia a fare discorsi sul passato recente. Salta fuori dalla bocca di molti che Fini abbia svenduto il suo partito facendolo confluire nel Pdl e ora stia tentando, a carissimo prezzo, di riprendersi un po’ della sua indipendenza.

Chi si aspettava una riconciliazione ha sbagliato, chi invece immaginava le elezioni anticipate, be’, ha sbagliato anche lui. Alla fine, l’unico risultato certo, è che hanno perso tutti.

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