lunedì 24 gennaio 2011

In difesa di Ostellino

Il 19 gennaio, sul Corriere della Sera è apparso un editoriale, firmato da Piero Ostellino, dal titolo L'immagine e la dignità del Paese. Un editoriale nemmeno tanto lungo, ma pregno di un principio liberale quale è appunto la libertà.
Procediamo con ordine. Il 19 gennaio viene pubblicato questo editoriale, dal quale risuona un passaggio forte:
Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia - diciamo così - partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera. Avere trasformato in prostitute - dopo averne intercettato le telefonate e fatto perquisire le abitazioni - le ragazze che frequentavano casa Berlusconi, non è stata (solo) un'operazione giudiziaria, bensì (anche) una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto, eventualmente, uso del proprio corpo.

Il giorno successivo, sempre sul Corriere, viene pubblicata una lettera, della quale è più lungo l'elenco dei firmatari (tutti giornalisti della stessa testata) che il testo, che recita:
Gentile Direttore, abbiamo letto il suo fondo di mercoledì scorso, «L’immagine dell’Italia e la dignità delle istituzioni», dove testualmente affermava: «Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia - diciamo così - partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta. Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera. Avere trasformato in prostitute le ragazze che frequentavano casa Berlusconi, non è stata (solo) un'operazione giudiziaria, bensì (anche) una violazione della dignità di donne la cui sola colpa era quella di aver fatto, eventualmente, uso del proprio corpo». Noi pensiamo che sia inaccettabile pensare che "la fortuna" di una ragazza risieda in una o più parti anatomiche da offrire al potente di turno, sia esso un professore o un politico, e che il mondo sia pieno di persone che s'impegnano per raggiungere risultati e far carriera conservando la propria dignità. Legittime tutte e due le scelte: noi sosteniamo la seconda.

I firmatari della lettera sono ben 52, tra i quali spiccano nomi eccellenti (leggasi Rodotà, Sarzanini, Di Caro e Imarisio su tutti). Per la prima volta nella storia del quotidiano più letto d'Italia, anziché una risposta ai temi di un editorialista, vengono attaccate le tesi di un editorialista.
Ostellino cerca di difendersi, e lo fa con una controreplica - in cui l'autore pare quasi scioccato dalle accuse ricevute - che si chiude con la frase: " Il mio era un principio liberale; non un invito a darla".
Lapidario. Intanto però la frittata è fatta, e la redazione del giornale viene presa d'assalto dalle missive dei lettori che (manco a dirlo) fanno la fila per attaccare un giornalista "reo" di aver difeso, seppur indirettamente, il caro vecchio porco despota.
Inutile da stupirsi, in effetti: questa è la regola dei democratici. Gli stessi che a volte, nelle scuole, lanciano copie - acquistate dagli studenti - di Libero dalla finestra sul cortile di un'aula del terzo piano.
Eppure Ostellino, nella sua brutalità, ha ragione: sfido chiunque a dimostrare che non ci siano donne che si concedano nemmeno sotto tortura a un capo ufficio per ottenere una promozione. Ho visto personalmente fare cose molto peggiori - e molto più stupide - per eventuali sogni concretamente irrealizzabili. A costo di scartavetrare le parole: ho visto donne sollazzare uomini in cambio di posti di comando, che però non si distribuiscono tramite nomina, bensì tramite elezioni (no, non mi sto riferendo alla Carfagna, tengo davvero a non ripetere l'esperienza e, come dimostrato, non è cosa nuova. Il degrado della società odierna non c'entra).
Archiviato il dolce stilnovismo, la società è cambiata. Certo, quella società descritta da Ostellino non è bella, a vedersi né a sentirsi, ma è la società vera.
Come, e con quale faccia, è poi possibile smentire che delle donne che hanno messo piede ad Arcore, per qualsiasi motivo, non ne sia stata triturata mediaticamente e irreparabilmente l'immagine. Non scherziamo: cosa vi viene in mente se dico "Ruby"? E per quanto tempo vi verrà in mente la stessa immagine poco edificante di quella ragazza che è passata nella vostra mente nei secondi immediatamente precedenti?
Se poi non ne siete ancora convinti, dovete sapere che le arti, tra le quali figura la musica, seguono spesso le mode del momento. Al massimo le anticipano di poco. Accettato questo, ecco la prova regina che decreta la fine della moralità pubblica:

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