Dopo aver attaccato Croce Rossa, lavoratori, imprenditori, parlamentari e semplici cittadni, il Gruppo Editoriale L'espresso, tramite il suo quotidiano, ha cominciato a prendere di mira la scuola. Oltre a far emergere la tristezza di fondo di dover attaccare categorie intere di cittadini pur di ottenere uno scarso risultato di qualsiasi tipo in chiave antiberlusconiana, lo speciale di Repubblica permette di commentare la situazione la propria situazione. Quella locale, quella che si vive tutti
i giorni, insomma.
A questo punto, seguendo la logica, un internauta si aspetterebbe di vedere commenti di teen agers arrabbiati con la società, per almeno due motivi: essi sono i padroni della tecnologia e, soprattutto, essi vivono sulla propria pelle la scuola, frequentandola tutti i giorni non festivi.
E proprio qui sta la sorpresa. A parlare (male, ovviamente, ma c'era da aspettarselo) della scuola, non sono gli studenti.
Sono i loro genitori, nonni, zii e altro genere di parentato che, nel migliore dei casi, ha frequentato la scuola 20 anni fa.
Eppure, sedicenti giovani che la scuola la vedono 2 volte l'anno ai colloqui con i professori, si ergono a paladini della giustizia, pretendendo di poter dire a gran voce che la scuola non funziona, senza neanche sapere bene di cosa si stia parlando, senza neache aver letto al riforma (non la leggono nemmeno gli studenti!). Eppure quando si parla di scuola si parla di un organismo complesso, fatto, oltre che da professori e studenti, anche da una miriade di organi interni come Consiglio
d'Istituto, Collegio Docenti, Organo di Garanzia, Giunta Esecutiva ed incalcolabili commissioni. Una scuola ben diversa anche solo da 3 anni a questa parte, figuriamoci da 15 o 20.
Tutti a lamentarsi e ad utilizzare la riforma come capro espiatorio, anche quando questa non ha colpe (sì, ogni tanto capita). Non dimentichiamoci che oltre agli organi competenti, bisogna tenere in conto anche le province. Sono loro infatti i proprietari degli immobili, e sono loro a dover intervenire in caso di problemi allo stesso. E la solerzia di enti pubblici mastodontici con una burocraziona elefantica è ben nota a tutti coloro che hano avuto a che fare con questi soggetti.
Quella di Repubblica rappresenta una gioventù senza nè idee nè ideali, a cui la politica non interesserebbe nemmeno se essa decidesse della loro vita, quindi delega tutto agli ascendenti diretti. E, vedendo studenti (con profitti alti) di scuole prestigiose (leggasi liceo Classico) vantarsi di non andare alle assemblee studentesche e stare invece comodamente a letto due ore in più, smentire il fatto che parecchi giovani si impegnino ad essere smidollati diventa più difficile. E, vedendo studenti che si candidano al ruolo di rappresentanti d'istituto sperando di perdere (altrimenti dopo toccherebbe andare ai consigli), avendo come unico scopo quello di fare colpo su di alcune ragazze, smentire il fatto che parecchi giovani si impegnino ad essere smidollati diventa Machiavellico. E, vedendo i suddetti studenti candidati, avere nel loro programma elettorale niente di più lungimirante della festa di fine scuola, smentire il fatto che parecchi giovani si impegnino a rimanere smidollati diventa impossibile. Pare quindi che disinteressarsi di tutto ciò che va oltre il proprio giro vita anziché l'eccezione, sia diventata la regola.
E tutto ciò non è dovuto alle nuove tecnologie. Anzi. Semmai la colpa è di quelle vecchie. Internet veìcola velocemente informazioni, la tv veìcola rapidamente stupidaggini. Sarò franco, gli svariati format e reality che vanno regolarmente in onda attraverso l'etere non sono diseducativi: sono porcilai. Tempo fa, in piena tempesta ormonale di alcuni concorrenti del Grande Fratello, dissi a una mia compagna di classe: "se chiudessero quel pozzo di merda salveremmo svariate generazioni". Ebbene, se avesse avuto a portata di mano una spranga l'avrebbe usata. E non credo con buone intenzioni. E questo non è difendere le proprie idee: questa è l'estremizzazione, la radicalizzazione delle proprie idee; la dominazione di un individuo verso un altro, l'imposizione despotica del proprio pensiero. E' il risultato ciò che passa per la tv, dove la violenza verbale è divenuta un culto ancor prima che venisse tollerata. Questa è una generazione che sta (e in alcuni casi starà a vita) sotto la gonnella di mammà, non perché lo voglia, ma perché non ha gli strumenti per affrontare il mondo esterno.
Non sono un nostalgico delle generazioni precedenti (che, per inciso, lanciava testate atomiche nello spazio per vedere cosa sarebbe successo), tuttavia un cambio di rotta non è auspicabile: è necessario, e lo si aspetta con una certa urgenza. E non è la tv a dover cambiare (non lo farà, inutile che ci contiate), siamo noi. E il cambiamento è semplice nei modi, difficilissimo nell'attuazione: più informazione, più dibattiti in classe, meno reality. Insomma: più vita propria, meno vita dei divi del piccolo schermo.
Ps, a giudicare dalla scrittura dei
"grandi", pare che anche a loro non farebbe male un corso intensivo di italiano: quello dove insegnano a mettere le virgole, ad usare i punti esclamativi e le maiuscole. E dire che tra loro si annidano anche insegnanti!